domenica 22 aprile 2018

La fuga dal "recinto": la negoziazione assistita ed il legale. Fin quando è necessario?

Facendo seguito alle profonde implicazioni che la pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha aperto l'anno scorso con la decisione n. 57 del 14 giugno 2017 (v. qui), oggi ci occupiamo dell'ordinanza del Tribunale di Verona, sezione III, del 27 febbraio 2018, relativa ai costi della difesa tecnica obbligatoria nella negoziazione assistita. 

Tale pronuncia è di particolare interesse per diversi aspetti. Tra questi, il più appariscente è il fatto che il foro veronese, realtà sensibile al consumatore ed alla piccola impresa, non è nuovo al rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, strumento teso, nel caso, a verificare se gli sforzi riformatori profusi dal legislatore nostrano in materia di ADR sono compatibili con il diritto dell'Unione Europea (v. Tribunale di Verona). 

Le "falle" del sistema italiano: la negoziazione assistita è uno degli istituti deflattivi del contenzioso giudiziale che il legislatore italiano ha introdotto con il "decreto giustizia" (d.l. n. 132/2014 convertito in l. n. 162/2014).

Per quanto qui degno di attenzione, l'istituto consiste nell'accordo (o, meglio, "convenzione") mediante la quale le parti si adoperano alla cooperazione secondo buona fede e lealtà, e ciò al fine di risolvere in via amichevole una controversia con l'assistenza indefettibile dell'avvocato

Anche per questo istituto il legislatore italiano ha tracciato il confine tra le ipotesi di negoziazione facoltativa e quelle obbligatorie, queste ultime previste per le azioni riguardanti il risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti  e le domande, a qualsiasi titolo, di pagamento di somme non eccedenti i 50.000,00 Euro, purché non comprese nell'elenco delle materie oggetto di "mediazione obbligatoria". 

La logica che ha animato il legislatore italiano è abbastanza lineare, prevedibile e, forse, discutibile: poiché "ce lo chiede l'Europa" e si deve recuperare un notevole ritardo culturale,  si impone questa o quella procedura di risoluzione alternativa della controversia, anche se l'Europa non ha proprio detto così. 

Il ritardo culturale che si cerca di superare tramite soluzioni calate dall'alto, tuttavia si introduce "dalla finestra": costituzione alla mano, si dice che il diritto sostanziale va tutelato tramite il diritto di azione davanti al giudice statuale, terzo ed imparziale, e con l'ausilio necessario dell'avvocato. 

Stante nella mentalità del giurista italiano la monolitica centralità della giurisdizione, le soluzioni alternative della controversia sempre (o quasi) gravitano intorno al contenzioso. 

L'ordinanza veneta: la pronuncia in esame prende le mosse dall'eccezione mossa in giudizio circa il mancato esperimento della negoziazione assistita obbligatoria in una causa che verte su sinistri stradali.

Chiamato a pronunciarsi, il giudice si è interrogato in questi termini: "occorre peraltro verificare se la disciplina nazionale che ha introdotto tale presupposto dell'azione sia compatibile con il diritto Ue". 

In risposta a tale interrogativo ed in continuità con gli indirizzi inaugurati dalla Corte di Giustizia UE, lo stesso ha affermato che: "Sul punto occorre rammentare che con la recente sentenza n. 457 del 14 giugno 2017 la Corte di Giustizia Ue, ribadendo i principj già affermati dalla sentenza del 18 marzo 2010, in tema di tentativo di conciliazione obbligatoria per le liti in materia di telecomunicazioni, ha elencato le condizioni in base alle quali qualsiasi tipo di Adr obbligatoria può ritenersi compatibile con il principio comunitario della tutela giurisdizionale effettiva, sancito dagli artt. 6 e 13 della CEDU e dall'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. 

Secondo la Corte tale giudizio di compatibilità può essere espresso qualora la procedura soddisfi congiuntamente tutte le seguenti condizioni: 

1) non conduca ad una decisione vincolante per le parti; 

2) non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale; 

3) sospenda la prescrizione o la decadenza dei diritti in questione; 

4) non generi costi, ovvero generi costi non ingenti (...), per le parti (...)"

- Avvocato obbligatorio? La parola alla Corte di Giustizia: degna di nota è l'argomentazione utilizzata dal giudice "picconatore" a chiusura dell'ordinanza, nella quale viene sostenuto che l'imposizione di un avvocato in queste procedure costituisce, sempre, un costo assai salato ed ingiustificato che la parte è costretto a mettere subito nel bilancio.  

A questo punto, vale la pena di riportare alcuni degli stralci più incisivi dell'ordinanza: "Ad avviso di questo giudice la disciplina nazionale negoziazione assistita non rispetta l'ultima delle predette condizioni [n.d.r. il punto 4) sopramenzionato], poiché, non potendo prescindere dall'intervento di un difensore, comporta dei costi non contenuti per le parti, tenuto conto dei criteri di determinazione del compenso di avvocato attualmente vigenti".

Ancora: "Nè potrebbe validamente obiettarsi, al fine di escludere la rilevanza del profilo in esame, che i costi per l'assistenza difensiva possono essere recuperati dalla parte che, dopo aver preso parte alla negoziazione, risulti vittoriosa nel successivo giudizio o, in alternativa, in virtù di una transazione raggiunta con la controparte poiché tali esiti sono incerti sia nell'an che nel quando, mentre ciò che la Corte di Giustizia (...) ha inteso evitare è che ciascuna delle parti che partecipano alla procedura di Adr debba sostenere un onere economico immediato, o meglio sia gravata della relativa obbligazione.".

Tanto premesso, la questione sarà eventuale oggetto di un rinvio pregiudiziale (l'ennesimo). Ad ora, l'esito non è prevedibile, tuttavia non si possono ignorare i potenziali sviluppi sul diritto (o l'onere) alla difesa tecnica. 

Di seguito, trovi l'ordinanza per esteso.                       


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