domenica 19 febbraio 2017

Class action, la sentenza di inammissibilità non pregiudica una nuova azione collettiva di altri consumatori

Si continua a parlare di azione collettiva nei tribunali, anche se questo istituto di tutela dei consumatori non riesce a trovare fortuna nel nostro paese.

Abbiamo già trattato la questione nel blog, tracciando i caratteri principali e le difficoltà incontrate in questi anni (vedi), dove solo alcune azioni collettive sono arrivate sino alla decisione di merito.

La maggior parte delle azioni avviate dalle associazioni dei consumatori, infatti, sono state dichiarate non ammissibili perché contrarie a quanto previsto dall'art. 140 bis del Codice del Consumo.

E' noto, infatti, che il giudice prima di valutare nel merito l'azione proposta da un gruppo di persone (ad esempio, consumatori) è chiamato a valutare se la domanda collettiva sia ammissibile, ossia  presenti tutti i presupposti per essere decisa nel merito, tra i quali anche il suo carattere di tutela della "classe", cioè degli interessi collettivi e non solo quelli del singolo che avvia la causa. E molte delle azioni collettive non sono riuscite a superare questo scoglio, con conseguente inammissibilità. 

Una delle questioni più dibattute negli ultimi anni era (ed è tuttora) la possibilità da parte di altri consumatori di poter riproporre una class action quando il giudice di merito ha già dichiarato inammissibile in precedenza l'azione collettiva.

La Corte di Cassazione, risolvendo un contrasto giurisprudenziale creatosi e con il  fine di rendere chiaro il punto, ha ricostruito l'istituto dell'azione collettiva e ribadito che la dichiarazione di inammissibilità impedisce a coloro che hanno proposto la domanda collettiva di rivolgersi ancora al giudice per ottenere il medesimo provvedimento.

Operata tale doverosa premessa, il giudice di legittimità ha invece ritenuto legittima la  possibilità da parte di altri consumatori di poter avanzare una azione collettiva per chiedere la tutela rispetto al rapporto giuridico già oggetto di sentenza di inammissibilità, in quanto come spiega la Cassazione Le considerazioni sin qui svolte consentono anche di affermare che l'azione di classe dichiarata inammissibile non è riproponibile dai medesimi soggetti che la hanno proposta o hanno ad essa aderito. In proposito, appaiono condivisibili le argomentazioni svolte nell'ordinanza di rimessione, nel senso che la dichiarazione di inammissibilità non può essere considerata priva di effetti. Se è vero, infatti, che la cognizione del tribunale o della corte d'appello in sede di reclamo è caratterizzata da sommarietà, è altrettanto vero che una valutazione di inammissibilità è stata effettuata dal giudice competente all'esito di una cognizione che può spingersi anche ad esaminare profili di merito della pretesa azionata (la sua manifesta infondatezza). Predicare la riproponibilità della medesima azione da parte dei medesimi soggetti destinatari della statuizione di inammissibilità appare inoltre contrastante con l'esigenza di non reiterare l'esercizio della giurisdizione in relazione al medesimo oggetto da parte dei medesimi soggetti.

Tuttavia, il Collegio ritiene che alla detta conclusione non possa pervenirsi in termini assoluti. Invero, se si considera che la "classe" è per definizione composta da una pluralità indistinta di soggetti, non può ritenersi che la dichiarazione di inammissibilità dell'azione proposta da un comitato o da un'associazione per conto di alcuni soggetti abbia una efficacia preclusiva della possibilità di ricorrere a quel mezzo di tutela processuale anche per tutti gli altri appartenenti alla classe, ai quali la intervenuta dichiarazione di inammissibilità non sarebbe opponibile, essendo essi rimasti estranei alla precedente iniziativa giudiziaria. Orienta in questo senso il rilievo che, ai sensi dell'art. 140 bis, comma 9, con l'ordinanza con cui ammette l'azione il tribunale fissa termini e modalità della più opportuna pubblicità, ai fini della tempestiva adesione degli appartenenti alla classe. La possibilità di adesione all'azione è quindi condizionata all'ammissibilità dell'azione stessa, nel mentre la dichiarazione di inammissibilità della stessa finirebbe con il precluderne la proponibilità nei confronti di coloro che non hanno proposto l'originaria azione o non hanno alla stessa aderito nella sua fase iniziale.


Deve, quindi, ritenersi che la dichiarazione di inammissibilità dell'azione di classe non pregiudichi la proponibilità di altra azione di classe da parte di soggetti diversi da quelli per i quali è intervenuta la dichiarazione di inammissibilità.


Peraltro, una volta che, in ipotesi, la nuova azione di classe dovesse essere dichiarata ammissibile, si riapre la possibilità, per chi fosse stato destinatario di una dichiarazione di inammissibilità e non abbia, successivamente a quella dichiarazione, proposto la domanda risarcitoria in via individuale come pure, per le ragioni suesposte, deve ritenersi possibile - di aderire alla azione di classe nel termine indicato dal tribunale ai sensi del citato comma 9 dell'art. 140-bis.".

Qui di seguito, l'interessante provvedimento della Cassazione.

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