domenica 1 maggio 2016

Contratto quadro firmato dal solo cliente - nulli gli investimenti Argentina

La sentenza in commento rappresenta una significativa novità in materia di rapporti bancari, in quanto la Suprema Corte di Cassazione potrebbe aver deciso di variare il proprio orientamento in materia di validità del contratto di avvio del rapporto di intermediazione bancaria (ex art. 23 TUF) o contratto per i servizi bancari (art. 117 TUB), nel caso in cui sia sottoscritto da una sola delle parti, il cliente.

La Cassazione, superando il precedente orientamento, ha deciso di considerare privo di validità il contratto quadro privo di sottoscrizione della banca, consentendo al cliente di valersi degli effetti della nullità, rappresentati nel caso di specie dalla possibilità di ottenere la restituzione degli importi investiti in titoli Argentina.

- Intermediazione finanziaria e rapporti bancari - il precedente orientamento giurisprudenziale

In materia di intermediazione finanziaria, l’art. 23 del Testo Unico della Finanza dispone che il contratto con il quale il risparmiatore conferisce mandato alla negoziazione dei titoli alla banca debba essere redatto  per iscritto, a pena di nullità.

L'art. 117 del TUB prevede il medesimo obbligo di forma scritta anche per i restanti contratti aventi ad oggetto rapporti bancari.

Si tratta di norme poste a tutela del consumatore che impongono al professionista di comunicare per iscritto al cliente tutte le norme  del contratto: nel caso di carenza di sua firma, il cliente può far dichiarare la nullità delle operazioni di borsa disposte per violazione dell’art. 23 del TUF, con conseguente ripetizione degli importi investiti.

Ma cosa succede quando il contratto quadro difetta della firma della banca?

La giurisprudenza di merito è stata sempre costante nell'affermare che in ipotesi di assenza della firma da parte della banca, tale carenza non produrrebbe i medesimi effetti giuridici appena richiamati, ossia la nullità del rapporto bancario.
 
L’orientamento maggioritario formatosi nella giurisprudenza di merito è stato avvallato dalla Corte di Cassazione , la quale ha affermato che nel caso in cui risulti prodotta in giudizio la sola copia del contratto quadro sottoscritta dal cliente, la banca può dimostrare la propria volontà, ossia l’accettazione delle condizioni contrattuali sottoscritte dal risparmiatore, attraverso condotte successive alle quali attribuire valore equipollente della sua adesione, purché il cliente non abbia revocato il consenso o sia deceduto .

-        Cassazione n.5919/2016

Questo orientamento è stato abbandonato dalla Cassazione con la sentenza in oggetto, con valorizzazione del requisito formale della forma scritta.

La Corte premette che l’art. 23 del TUF è norma che dispone una specifica ipotesi forma scritta a pena di nullità, introducendo l’obbligo di produzione in giudizio delle sottoscrizioni del contratto, anche contenute in documenti diversi, di entrambe le parti.

Il giudice di legittimità nega nega la possibilità che il consenso espresso dall’intermediario bancario, in difetto di sua sottoscrizione, possa essere ricavato in altro modo (ad esempio con l'invio degli estratti di conto corrente, o per mezzo di dichiarazioni rese dal cliente) o comunque in via presuntiva.

Nemmeno sotto il profilo della prova della sottoscrizione, la sentenza chiarisce che ogni prova distinta dalla sottoscrizione deve essere vietata (come ad esempio la prova testimoniale), intervenendo il limite di cui all’art. 2725 c.c..

La Corte, infine, affronta l’ipotesi ove la Banca depositi in giudizio la copia del contratto, manifestando la propria intenzione di avvalersi degli effetti giuridici del documento versato in atti.

Secondo la Cassazione, questa produzione ha efficacia ex nunc e non ex tunc, nel senso che l’effetto giuridico voluto dall’intermediario, ossia la sua manifestazione di volontà, produce i suoi effetti giuridici solo in seguito al deposito dello stesso, e non per il periodo antecedente.

Ne consegue che gli ordini di investimento in titoli Argentina conferiti dal cliente nel periodo antecedente al giudizio e quindi in carenza di valido contratto, devono comunque essere considerati nulli per violazione dell’art. 23 TUF. 

Tale nullità non può essere, come osserva la Cassazione, nemmeno superata dalla convalida del contratto da parte del cliente, vigendo il principio dell’inammissibilità ex art. 1423 c.c.

In conclusione, con questa sentenza la Cassazione sembra voler attribuire valore centrale all’accordo tra i contraenti, quale requisito per la validità del contratto, limitando fortemente il valore di eventuali condotte successive tenute dalle parti ai fini della prova del requisito di esistenza del contratto.


Nullo il contratto quadro firmato dal solo cliente by Consumatore Informato

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