venerdì 11 ottobre 2013

Offerta fuori sede di prodotti finanziari: il decreto del fare limita il diritto di recesso

Il recente provvedimento legislativo adottato dal Governo (decreto del fare) ha di fatto limitato la novità introdotta in materia di intermediazione finanziaria dalla sentenza n. 13905/2013, con la quale la Corte di Cassazione ha rivoluzionato le norme in materia di offerta fuori sede di prodotti finanziari, estendendo l’obbligo di comunicazione del diritto di ripensamento per ogni operazione di acquisto di strumenti finanziari.

La Cassazione era stata chiamata a risolvere un contrasto creatosi in giurisprudenza in merito all'estensione applicativa dell'art. 30 del TUF, ossia del cosiddetto jus poenitendi che spetta al cliente che sia sollecitato all’acquisto di un prodotto finanziario fuori dai locali della banca.

La Suprema Corte ha optato per estendere tale diritto di ripensamento a tutte le operazioni di intermediazione finanziaria disposte dal cliente fuori dai locali dell’intermediario, mediante l’attività del promotore finanziario (vedi).

Le conseguenze di tale decisione sono evidenti, in quanto in assenza di comunicazione del diritto di ripensamento, l’ordine di borsa disposto dal cliente da casa sarebbe divenuto immediatamente nullo, con conseguente diritto da parte del risparmiatore di chiedere il rimborso alla propria banca della somma oggetto di investimento.

La Cassazione ha stabilito, in ultima istanza, che l’obbligo da parte dell’intermediario di comunicare al cliente il diritto di ripensamento vale per ogni atto con il quale quest’ultimo acquisti un qualsiasi prodotto finanziario presso la propria abitazione, a prescindere dal servizio di investimento fornito dalla banca attraverso il promotore finanziario.

Con l’art. 56 quater del decreto del fare sono stati circoscritti gli effetti dirompenti della sentenza della Cassazione, in quanto la norma stabilisce che tale nuova disciplina trovi applicazione solo a partire dal 1° settembre 2013 “Ferma restando l'applicazione della disciplina di cui al primo e al secondo periodo ai servizi di investimento di cui all'articolo 1, comma 5, lettere c), c-bis) e d), per i contratti sottoscritti a decorrere dal 1° settembre 2013 la medesima disciplina si applica anche ai servizi di investimento di cui all'articolo 1, comma 5, lettera a)”.

E’ evidente che l’intervento legislativo sia esclusivamente indirizzato ad “insabbiare” gli effetti innovativi introdotti con la sentenza pronunciata lo scorso mese di maggio dalla Corte di Cassazione, ristabilendo la divisione prevista nel passato (obbligo di comunicazione del diritto di ripensamento solo per i servizi di gestione patrimoniale e collocamento).

La norma stabilisce, quindi, che a partire dal 1° settembre 2013, il promotore finanziario è obbligato a comunicare al cliente l’esistenza del diritto di ripensamento e che l’operazione rimane sospesa per il periodo di sette giorni previsto ex art. 30 TUF.

Tale obbligo, che in precedenza era previsto solo per alcuni servizi finanziari, viene esteso a tutte le operazioni di investimento disposte dall’investitore fuori dai locali della banca.

Sono escluse da tale normativa gli ordini di borsa impartiti dal cliente mediante le nuove tecnologie, ovverosia attraverso le piattaforme digitali.

In merito a tale novità legislativa, da più parti si ipotizza l’intervento della Corte Costituzionale volto a valutare la costituzionalità del provvedimento, nella parte in cui limita al futuro l’obbligo di comunicazione dello jus poenitendi a tutte le operazioni disposte “fuori sede”.

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