domenica 23 giugno 2013

Offerta di prodotti finanziari fuori sede - la Cassazione si esprime in favore dell'investitore

Importante intervento della Cassazione a Sezioni Unite, la quale con Ordinanza n. 13905 del 3 giugno 2013 si è pronunciata in favore dei consumatori, estendendo le norme in materia di offerta fuori sede di strumenti finanziari ad ogni vendita di prodotti finanziari che avviene fuori dai locali della banca.

La Cassazione era stata chiamata a risolvere un contrasto creatosi in giurisprudenza in merito all'estensione applicativa dell'art. 30 del TUF, ossia del cosiddetto "diritto di ripensamento".


a. La questione


Quando si parla di "offerta fuori sede di prodotti finanziari"?

E' il caso del promotore finanziario che si reca presso l'abitazione del cliente, offrendogli un prodotto finanziario della stessa banca, o comunque collocato dall'istituto di credito che egli rappresenta.



Questa attività di intermediazione finanziaria è oggetto di specifica normazione attraverso l'art. 30 del d. lgs. n. 58/1998 (Testo Unico della Finanza):

"Per offerta fuori sede si intendono la promozione e il collocamento presso il pubblico:
a) di strumenti finanziari in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze dell'emittente, del proponente l'investimento o del soggetto incaricato della promozione o del collocamento;
b) di servizi e attività di investimento in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze di chi presta, promuove o colloca il servizio o l’attività". 

Il successivo comma 6 dispone che " L'efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede è sospesa per la durata di sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione da parte dell'investitore. Entro detto termine l'investitore può comunicare il proprio recesso senza spese né corrispettivo al promotore finanziario o al soggetto abilitato; tale facoltà è indicata nei moduli o formulari consegnati all'investitore. La medesima disciplina si applica alle proposte contrattuali effettuate fuori sede".

L'art. 30, comma 7, TUF introduce una particolare forma di nullità: è nullo l'ordine di investimento disposto dall'investitore, laddove sia omessa la indicazione del diritto di recesso nei 7 giorni successivi" L'omessa indicazione della facoltà di recesso nei moduli o formulari comporta la nullità dei relativi contratti, che può essere fatta valere solo dal cliente".

Negli ultimi anni l'applicazione di tale disciplina è aumentata, in quanto l'offerta fuori sede ha cominciato a trovare applicazione anche nel caso di sollecitazione all'acquisto di strumenti finanziari via telefono, oppure con modalità internet (il famoso trading on line che riguarda quasi la metà degli investimenti finanziari realizzati in Italia).


Orbene, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione sono state chiamate a chiarire quando tali norme possono trovare applicazione, ossia se il diritto di ripensamento (jus poenitendi) sia applicabile solo per il servizio di collocamento di strumenti finanziari, o in tutti i casi in cui la negoziazione di uno strumento finanziario sia avvenuta fuori dai locali commerciali.


- Orientamento restrittivo: l'art. 30 TUF si applica solo al servizio di collocamento di strumenti finanziari

Un primo orientamento - maggioritario nella giurisprudenza di merito e seguito da una parte della Cassazione - ha sostenuto che la disciplina prevista ex art. 30 del TUF è circoscritta per i soli contratti di collocamento o di gestione di portafogli individuale, ove esiste uno specifico rapporto tra cliente e soggetto offerente (Cass. n. 2065/2012).

In termini più semplici, la disciplina di cui all'art. 30 del TUF troverebbe applicazione solo in ipotesi marginali, ove l'intermediario finanziario offra uno specifico servizio finanziario in favore dell'investitore.


- Orientamento estensivo: il diritto di recesso dal contratto si applica per ogni servizio di investimento finanziario previsto ex art. 1, comma 5 del TUF

Un diverso orientamento ha, al contrario, sostenuto l'applicazione estensiva dell'art. 30 del TUF e quindi la previsione del diritto di recesso per ogni servizio di intermediazione finanziaria offerta in favore del piccolo investitore.

Coloro che hanno seguito tale orientamento, hanno richiamato anche l'art. 36  del Reg. Conosb 11522/98, il quale prevedeva che:
Nell’ attività di offerta fuori sede di strumenti finanziari, di servizi di investimento e di prodotti finanziari disciplinati dall’art. 30 del Testo Unico, gli intermediari autorizzati si avvalgono dei promotori finanziari al fine di: la facoltà prevista dall’art. 30, comma 6, del Testo Unico;".

Tale norma è rimasta pressoché invariata anche con il nuovo Regolamento Consob n. 17690/2007.

Il diritto di ripensamento, quindi, non riguarderebbe il solo servizio di collocamento, ma tutte le attività di intermediazione finanziaria realizzate dalla banca fuori dai locali commerciali.

In tutti questi casi, l'intermediario deve rendere noto al cliente dell'esistenza del diritto di ripensamento (jus poenitendi) e l'ordine di borsa deve rimanere sospeso per i 7 giorni successivi, in attesa di un eventuale disdetta da parte dell'investitore.

b. Cassazione Sezioni Unite - Ordinanza n. 13905/2013

La Cassazione ha risolto il contrasto accogliendo quest'ultimo orientamento e ritenendo che il diritto di ripensamento debba trovare applicazione per ogni operazione di borsa conclusa fuori dai locali commerciali.

Il Giudice di legittimità, dopo aver ricostruito il contrasto giurisprudenziale creatosi ed evidenziato le lacune normative sul punto, ha ritenuto di dover trovare la soluzione alla questione giuridica sottoposta alla sua attenzione attraverso la ratio legis che caratterizza la normativa.

"Sulla ragion d'essere dello jus poenitendi di cui si discute le opinioni degli interpreti e degli studiosi sono sufficientemente univoche: è la circostanza che l'operazione d'investimento si sia perfezionata al di fuori delle sede dell'intermediario a rendere necessaria una speciale tutela per l'investitore al dettaglio [...] perché ciò significa che, di regola, l'iniziativa non proviene da lui".

Ed invero, l'offerta fuori sede è caratterizzata dall' "effetto sorpresa": il promotore finanziario si reca presso l'abitazione dell'investitore, proponendogli l'acquisto di prodotti finanziari a determinate condizioni contrattuali.

Non è, quindi, l'investitore che si presenta in banca, già consapevole dell'acquisto che intende effettuare, e che quindi è intenzionato a concludere una operazione di investimento.

Le ipotesi oggetto di disciplina e tutela sono quelle ove l'investitore è sottoposto alla sollecitazione all'investimento operata dalla banca, mediante un proprio dipendente o un promotore finanziario, ossia soggetti interessati a far concludere il contratto al cliente.

In tali casi, l'investitore deve decidere immediatamente e non ha il tempo di valutare se tale investimento soddisfa i propri interessi, trovandosi, quindi, in una posizione di forte "squilibrio informativo" rispetto alla controparte.

L'ordinamento, consapevole di tale limite, ha approntato, per i contratti stipulati presso la casa dell'investitore, una tutela particolare per l'investitore, prevedendo la sospensione dell'efficacia del contratto per sette giorni (art. 30 TUF).

In questo periodo, il cliente può decidere di non fare propri gli effetti dell'ordine di borsa, recedendo dal contratto di acquisto dello strumento finanziario.

La Cassazione osserva, a tal proposito, che "Se questa, come pare difficilmente contestabile, è l'esigenza di tutela in vista della quale il legislatore ha introdotto la disciplina del recesso nei contratti di collocamento di strumenti finanziari stipulati fuori sede dall'intermediario, è arduo negare che la medesima esigenza si ponga non soltanto per le operazioni compiute nell'ambito della prestazione di un servizio di collocamento in senso proprio,nell'accezione già prima richiamata, ma anche per qualsiasi altra ipotesi in cui l'intermediario venda fuori sede strumenti finanziari ad investitori al dettaglio, sia pure nell'espletamento di un servizio d'investimento diverso.
La differenza tra le due descritte situazioni [servizio di collocamento in senso "puro" - negoziazione di prodotti finanziari] appare davvero poco significativa, specie ove si consideri che nel servizio di collocamento "con assunzione a fermo" l'intermediario piazza sul mercato prodotti finanziari rispetto ai quali la sua posizione ed il suo interesse nella vendita è del tutto analogo a quello di una vendita in proprio.
Il che avvalora l'opinione secondo cui la parola "collocamento", nel testo dell'articolo in esame, è da intendere in senso ampio, come sinonimo di un atto negoziale mediante il quale lo strumento finanziario vien fatto acquisire al cliente e quindi inserito nel suo patrimonio [...] a prescindere dalla tipologia del servizio d'investimento che abbia dato luogo a tale operazione".

Il Giudice di legittimità chiarisce le ragioni sottostanti alla propria interpretazione estensiva del diritto di ripensamento "A favore di un'interpretazione estensiva della citata disposizione dell'art. 30 del tuf, che sia in grado di meglio assicurare la tutela del consumatore, militano d'altro canto i principi generali desumibili dallo stesso testo unico, sicuramente ispirati all'esigenza di effettività dell'indicata tutela, cui dà ulteriore rinforzo la previsione dell'art. 38 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE, che, nel garantire "un livello elevato di protezione dei consumatori", per ciò stesso impone d'interpretare le norme ambigue nel senso più favorevole a questi ultimi". 

La Corte, alla luce dell'ambiguità della norma, ha ritenuto di estendere l'applicazione dell'art. 30 TUF a tutte le operazioni di intermediazione finanziaria concluse fuori dai locali commerciali, operando una apertura in favore dei piccoli risparmiatori, obbligando le banche a rispettare gli obblighi informativi previsti dalla legge.

Di seguito potete leggere la sentenza della Cassazione.
 Offerta fuori sede di un prodotto finanziario - Cassazione Sezioni Unite 13905/2013

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