domenica 8 luglio 2012

Le Sezioni Unite della Cassazione chiamate a decidere sul diritto di ripensamento per l'investimento finanziario fuori sede

Il diritto di ripensamento per le operazioni di investimento realizzate fuori sede si applica solo al servizio di collocamento di strumenti finanziari realizzato con la consulenza del promotore finanziario o tutte le volte in cui l'investitore retail viene sollecitato all'acquisto di un prodotto finanziario fuori dai locali della banca?

Il quesito ha caratterizzato le controversie avviate in materia finanziaria in questi ultimi anni ed ha diviso dottrina e giurisprudenza, tant'è che la stessa Corte di Cassazione ha deciso di affidare alla Sezioni Unite il compito di risolvere la questione controversa.

Il caso classico di offerta fuori sede di uno strumento finanziario è quello in cui il promotore finanziario si reca presso l'abitazione del cliente ed offre prodotti finanziari della propria banca.

E' risaputo che questo tipo di attività viene disciplinata dall'art. 30 del d. lgs. n. 58/1998 (Testo Unico della Finanza), il quale dispone, al comma 6,  che " L'efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede è sospesa per la durata di sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione da parte dell'investitore. Entro detto termine l'investitore può comunicare il proprio recesso senza spese né corrispettivo al promotore finanziario o al soggetto abilitato; tale facoltà è indicata nei moduli o formulari consegnati all'investitore. La medesima disciplina si applica alle proposte contrattuali effettuate fuori sede".

Il successivo comma 7 stabilisce che l'omessa indicazione del diritto di recesso nel contratto di borsa sottoscritto dall'investitore comporta la nullità dell'operazione di investimento" L'omessa indicazione della facoltà di recesso nei moduli o formulari comporta la nullità dei relativi contratti, che può essere fatta valere solo dal cliente".

Si può parlare di offerta fuori sede anche nel caso in cui la sollecitazione all'acquisto di strumenti finanziari avvenga via telefono oppure con modalità internet (il famoso trading on line che riguarda quasi la metà degli investimenti finanziari realizzati in Italia).

E' evidente, quindi, che la questione sollevata riguarda larga parte delle operazioni di investimento finanziario che vengono quotidianamente disposte dai piccoli investitori privati.

All'apparenza, la norma appena richiamata sembra chiara nel limitare l'applicazione del diritto di ripensamento in materia di acquisto di strumenti finanziari solo nel caso in cui si tratti di servizio di collocamento, dove tra intermediario emittente e banca collocatrice esiste un accordo per la vendita di un prodotto finanziario a considizioni di prezzo e di tempo predeterminate. 

Il collocamento di uno strumento finanziario può avvenire attraverso la sollecitazione operata dal promotore finanziario e con l'obbligo di rispetto delle rigide regole previste dalla Consob in materia di collocamento (si pensi all'obbligo di consegna del prospetto informativo).
 
La dottrina ed una parte della giurisprudenza di merito ha ritenuto, però, di applicare in modo estensivo la norma di cui all'art. 30 del TUF, ricomprendendo tale norme anche laddove il promotore finanziario si limita a negoziare con l'investitore l'acquisto di un titolo di borsa, ossia nel caso in cui l'intermediario offra il servizio di negoziazione titoli (e non quello di collocamento).

Questa interpretazione estensiva è stata oggetto di contrasto da parte della dottrina più conservativa (quella filo banche), spalleggiata da parte consistente della giurisprudenza di merito.

La questione è arrivata fino alla Suprema Corte di Cassazione, la quale sembrava aver accolto una interpretazione restrittiva della norma, ovverossia volta a limitare l'applicazione dello jus poenitendi alle sole operazioni di collocamento di strumenti finanziari.

La questione, però, non appare completamente risolta, tant'è che la Cassazione, riscontrata l'esistenza di una forte divaricazione tra le posizioni assunte sia in giurisprudenza in merito alla rilevanza del diritto di ripensamento dell'investitore, ha ritenuto, con Ordinanza del 21 giugno 2012 (che vi proponiamo di seguito), di investire le Sezioni Unite della stessa Corte di Cassazione per dare una parola definitiva al problema appena esposto.

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