giovedì 2 giugno 2011

Da Trentino inBlu al blog: la class action in Italia

Questo mercoledì a Trentino InBlu radio abbiamo affrontato il tema dell'azione collettiva per la tutela dei diritti dei consumatori, la c.d. class action, ed in particolare ci siamo soffermati ad analizzare alcuni aspetti peculiari di questa azione giudiziaria introdotta nel nostro paese con la Legge 23 luglio 2009, n. 99 (art. 49).

Invero, la class action in Italia non ha prodotto alcun sostanziale effetto, in quanto le varie azioni collettive avviate dalle associazioni dei consumatori sono state giudicate dai vari tribunali inammissibili ex art. 140 bis, 2° comma, Codice del Consumo.

I giudici non hanno ritenuto ammissibili le varie azioni collettive proposte perché in molti casi il proponente, l'attore collettivo, non ha dato prova di poter tutelare adeguatamente l'azione di classe (v. "vita dura per la class action italiana -ancora inammissibile l'azione collettiva").

Una delle ultime azioni collettive avviate è quella proposta da ADUC, attraverso il Prof. Avv. Carlo Piana, contro Microsoft (o meglio contro un produttore di PC che installa il sistema operativo "windows" di Microsoft) e volta a far dichiarare la vessatorietà della licenza software "EULA" con la quale viene imposto all'acquirente il pagamento e l'utilizzo di windows.

Riprendiamo alcuni spunti delll'azione collettiva avviata da ADUC, la quale ha pubblicato l'atto di citazione sul proprio sito web (http://avvertenze.aduc.it/rimborsowindows/comunicato/class+action+contro+microsoft+aduc+deposita+atto_18653.php)

- La vicenda

Così nasce la vicenda che ha portato all'avvio dell'azione collettiva.

Alla fine del gennaio 2010, un normale utente si recava presso un Centro Commerciale vicino a Firenze per acquistare, per uso domestico, un  netbook Asus EeePC 1005P con preinstallato il sistema operativo Microsoft Windows 7 Starter.


Con l'avvio del proprio computer, l'acquirente si trovava costretto ad accettare le condizioni contrattuali d'uso della licenza software imposte da Microsoft Windows, ossia la licenza EULA (End User Licence Agreement) del sistema operativo preinstallato.

Il consumatore si vedeva costretto ad accettare queste condizioni, pur non avendo alcuna intenzione di utilizzare il sistema operativo imposto dalla casa produttrice dell'hardware attraverso MW.

Nei giorni successivi, il cliente inviava lettera di contestazione ad Asus al fine di chiedere la rimozione del sistema operativo e la restituzione dei soldi versati per Windows 7.

Al rifiuto opposto dalla società, il consumatore si rivolgeva all'associazione consumatori per avviare azione collettiva.

- La natura del contratto di licenza windows e la vessatorietà delle clausole contrattuali

Senza dilungarci troppo sulle condivisibili ragioni di diritto poste a fondamento della class action avviata da  ADUC, riteniamo interessante evidenziare alcuni aspetti.

Il contratto EULA con il quale l'acquirente accetta le condizioni imposte da Microsoft viene definito nell'azione collettiva come contratto atipico con il quale il contraente debole, il consumatore, si vede costretto ad accettare condizioni contrattuali che non può leggere e nemmeno contestare. In altri termini, il consumatore è portato ad esprimere un consenso del contratto senza nemmeno prima poterne prendere visione. Egli è, in ultima istanza, costretto ad accettare le condizioni imposte da MW, oppure dovrà restituire l'intera macchina.

Secondo ADUC questo tipo di contratto non consentirebbe al consumatore di poter essere informato preventivamente rispetto alle condizioni del contratto; di poter esprimere un consenso informato; di poter rinunciare al contratto, laddove egli ne ravvisi l'opportunità.

Lo squilibrio contrattuale esistente in EULA viene ritenuto da ADUC, così si legge nell'atto di citazione depositato al Tribunale di Milano lo scorso gennaio, non solo giusta causa per la risoluzione del contratto, ma anche condotta che viola il Codice del Consumo.

L'associazione contesta la vessatorietà delle clausole contrattuali, le quali violerebbero l'art. 33 lettera I) e C) del D. Lgs. 206/2005 (Codice del Consumo), in quanto un parte (Microsoft) impone all'altra (il consumatore) l'accettazione di determinate clausole svantaggiose per quest'ultima.
Sulla base di queste considerazioni, l'associazione agisce in giudizio per veder accertata la natura vessatoria delle clausole inserite nel contratto, dichiarata la loro nullità e consentito al consumatore che non intenda utilizzare il sistema operativo di windows di poterlo restituire ed ottenere il denaro versato all'atto dell'acquisto.

- L'ammissibilità

L'attore collettivo, ADUC, affronta anche il delicato aspetto dell'ammissibilità dell'azione collettiva e sostiene che nella concreta fattispecie, l'azione collettiva promossa sarebbe ammissibile ai sensi e per gli effetti dell'art. 140 bis, comma 2, D. Lgs. n. 206/2005.

In primo luogo, ADUC sostiene che l'azione si fonda su un danno sofferto dall'attore e conseguente alla condotta tenuta dal produttore (e da MW). L'azione si fonda sull'inadempimento contrattuale da parte di Microsoft.

Tale inadempimento non riguarda, si legge ancora nell'atto giudiziario, il solo acquirente del netbook, ma anche tutti i potenziali acquirenti di altri computer, ovvero coloro che si sono trovati nella medesima situazione (o vi si troveranno in futuro) e che saranno costretti ad accettare le condizioni di licenza imposte da Microsoft.

L'azione, quindi, è volta a tutelare diritti individuali ben determinati ed omogenei che riguardano una moltitudine di soggetti rientranti nella c.d. "classe", in quanto riguarda tutti i consumatori costretti ad accettare le condizioni vessatorie imposte da Microsoft.

ADUC conclude dimostrando che l'attore è soggetto idoneo a tutelare l'interesse della classe, sia sotto il profilo della pubblicità dell'eventuale azione collettiva che sotto il diverso aspetto della capacità di sostenere i costi connessi alla class action.

- conclusioni

L'azione collettiva avviata da ADUC è coraggiosa e mira a garantire una migliore tutela per l'acquirente di computer, il quale usualmente si vede costretto ad acquistare un sistema operativo - windows - magari non voluto.

Sarà interessante vedere se questa azione, al vaglio del giudizio di ammissibilità, riuscirà a superare il primo scoglio previsto dall'art. 140, comma 2, D. Lgs. 206/2005.

In caso di esito positivo di tale primo giudizio, infatti, il giudice sarà costretto ad affrontare nel merito la vicenda ed accertare se l'attività commerciale realizzata da Microsoft deve essere considerata legittima o meno.

Di seguito, un estratto dell'incontro radiofonico di Trentino inBlu.

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